Il suo passaggio da Rodi (dal febbraio 1916 all'ottobre 1924) ha lasciato tracce profonde.
Oltre alla sua formidabile opera di scavi archeologici ha realizzato il Museo Archeologico dove sono state raccolte testimonianze di inestimabile valore.
Da Rodi è stato trasferito a Pompei ed è ritornato a Rodi il 1936 ed ha scritto le sue memorie in un libro dal titolo “Dall’Egeo al Tirreno” (dove sono inclusi anche i suoi ricordi dei scavi di Creta).
Il libro termina con il suo discorso pronunciato l’11 Novembre 1922, in occasione della cerimonia dell’apertura della Porta di S. Athanasio nella città medioevale di Rodi (è la porta che si apre verso la chiesa di S. Francesco venendo dalla città Vecchia), che ha coinciso con i 400 anni trascorsi dalla data in cui i turchi l’avevano chiusa con l’ingresso nella città di Souleiman il Magnifico, nel Dicembre 1522.
Dalla lettura del libro emerge uno stretto legame collaborativo tra gli archeologi italiani e la gente locale, ignorando volutamente la politica di Roma di allora. Infatti egli descrive il tombarolo suo collaboratore Agapito come discendente della Dea di Ercole e Tlepolemo, il tornitore d’argilla mastro. Giakoumi, discendente diretto dei ceramisti antichi rodiesi, mentre il vecchio prete che prende il sole sotto un’albero come Milichio Zeus.
Per dire, quando il Maiuri si rivolgeva al governatore Mario Lango, non lo chiamava "Governatore delle isole italiane dell’Egeo” (titolo che gli spettava dopo la convenzione di Losanna, come “Governatore di Rodi e delle altre isole del Dodecaneso”).
Lo stesso timbro della Soprintendenza ai Monumenti e a agli Scavi delle Isole Italiane dell’Egeo, non raffigurava un qualche monumento dell’epoca dei Cavalieri, ma il famoso anaglifo “Kritò e Timarista”.
Leggendo alcune lettere della corrispondenza tra Maiuri e Demostene Haviara, si riconosce che egli non solo conosceva perfettamente il greco antico ma anche scriveva perfettamente il greco moderno. Sua figlia, Bianca, anch’ella archeologo ha scritto un articolo commovente nel periodico “Magna Grecia, Gennaio-Febbraio 1984 (ormai settantenne) dal titolo “Rodi come una favola”.
A Maiuri sono attribuite le scoperte dell’antico stadio e del teatro ed anche l’individuazione della posizione precisa del ginnasio, i tre monumenti salienti della vita nella città antica di Rodi: ginnasio, teatro e stadio.
Si deve a Maiuri e alla sua instancabile e preziosa opera la valorizzazione dell’immenso patrimonio archeologico fino agli inizi del secolo scorso sepolto e alla mercé dei tombaroli. Infatti durante l’occupazione turca i ritrovamenti clandestini prendevano la via ai paesi stranieri attraverso gli agenti dei consolati stranieri; la situazione è cambiata con l’occupazione di Rodi dall’Italia nel 1912, ma non subito, solo quanto il governo italiano, cominciava a prendere in considerazione di legittimare permanentemente l’occupazione dell’isola ed ha quindi iniziato a sistemizzare gli scavi e proteggere i ritrovamenti. A ragion veduta da più parti è stato chiesto che la piazza davanti al museo archeologico di Rodi, ora intitolata Piazza del Museo, venga chiamata invece Piazza Amedeo Maiuri.
Nina Avramidou