Non esiste un luogo istituzionalizzato di confronto permanente e di verifica su scala internazionale, di sperimentazioni progettuali nell’ambito del restauro architettonico e della riorganizzazione della città esistente.
La Biennale consente pertanto una esposizione ragionata sugli interventi effettuati od in corso, affrontando tematiche di natura culturale e di definizione teorica, come pure aspetti relativi all’uso delle tecnologie ed alla valutazione delle valenze e caratteristiche residue del patrimonio architettonico.
Un tema importante è anche quello che riguarda la riqualificazione e re-invenzione degli spazi architettonici ed urbani, in un’ottica legata alle peculiarità regionali ed all’uso corretto delle risorse locali.
Il progetto della Biennale è scaturito da una attenta analisi di tutti gli aspetti (culturali, sociali, economici, tecnologici e di mercato) che condizionano l’attuazione del “Progetto dell’Esistente” ostacolando uno scambio fra idee ed intervento, scambio fondamentale per favorire strategie di intervento capaci di governare in modo integrato i processi conservativi e trasformativi, tutelando valori, risorse e documenti, e corrispondendo alle principali esigenze ed aspettative.
Questa prima Biennale, prevede una impostazione ed articolazione tecnico-culturale che gravita attorno agli aspetti gestionali, tecnologici ed economici, con una visione di tipo altamente interdisciplinare.
Non vi è testimonianza che mostre espositive in precedenza abbiano affrontato la totalità di questi aspetti.
Importante è anche il carattere di continuità del Progetto Biennale, che consentirà di realizzare un luogo di confronto e di aggiornamento permanente e su scala internazionale, ad oggi non presente ne’ in Italia ne’ all’estero.
I rapidi cambiamenti nello scenario socio-economico europeo e le trasformazioni demografiche e geografiche incrementano oggi la discrepanza tra lo sviluppo delle attività umane e l’ambiente “costruito”, dando luogo a differenti politiche di intervento, dipendenti essenzialmente dalle realtà economiche di ciascun paese.
Tutte le problematiche che investono la complessità di tali processi, trovano modalità e campi di sperimentazione permanenti nelle piccole città che hanno interesse a creare sistemi di “manutenzione permanente” del patrimonio edilizio locale.
Nel prendere atto di queste realtà prevalenti, si rende necessario uno sforzo maggiore di confronto e discussione su scala internazionale, in riferimento a questo specifico ambito tematico.
Gli interventi su patrimonio costituito dai Complessi Monumentali, sono da sempre contesi tra contrastanti ragioni ed interessi. Tra questi le esigenze di adeguamento, anche solo parziale, ai nuovi standard di benessere ambientale e di sicurezza (sismici, impiantistici, antincendio, ecc…) che contrastano con quelle della conservazione degli involucri e delle strutture; oppure il dibattito acceso attorno all’uso appropriato delle tecnologie avanzate e/o il riproponimento delle tecnologie del passato.
Le soluzioni a queste e ad altre problematiche irrisolte potranno scaturire solo dal confronto diretto su scala internazionale affrontato e analizzando tutti gli aspetti che condizionano il processo decisionale.
Con riferimento alla crescente domanda edificatoria ed alle trasformazioni demografiche ed infrastrutturali dei centri abitati, è divenuta critica la ricerca di una strategia globale di riutilizzo degli edifici rappresentativi o industriali dimessi (cinema, teatri, edilizia per l’artigianato e l’industria, caserme, ecc…), basata sulla lettura attenta ed interdisciplinare dei processi modificativi dell’ambiente costruito.
Solo attraverso un ricco scenario di idee e di vincoli, come quello che potrà offrire una biennale internazionale di restauro, si ritiene possano emergere strategie di “riappropriazione” basate su approcci interdisciplinari, privilegiando risorse e valori.
I criteri di intervento sugli edifici rappresentativi dell’architettura del novecento, vengono da sempre stabiliti sulla base di normative discutibili se non del tutto mancanti, lasciando perciò grande spazio all’iniziativa privata ed alla libera interpretazione.
Nessuno si aspettava, inoltre, di dover utilizzare gli edifici in cemento armato realizzati subito dopo la seconda guerra mondiale, per un periodo superiore a dieci o venti anni; la grande ricostruzione post bellica degli anni cinquanta veniva intrapresa nella convinzione che “presto si sarebbe potuto rifare tutto meglio e con tecnologie più moderne”.
Questi edifici, oggi, richiedono perciò “cure” di restauro strutturale, adeguamenti impiantistici e miglioramenti estetici che vanno regolamentati attentamente, in relazione alle risorse economiche e tecnologiche di ciascun paese. Un confronto su scala internazionale delle loro potenzialità residue (sicurezza, valori estetici, valori tecnologici, ecc…) potrà suggerire politiche di intervento volte al risanamento gli edifici stessi, senza perdere di vista l’economia locale.
Lo sforzo differenziato che viene posto nei diversi paesi (quelli più poveri e quelli più avanzati) per prolungare la durata della “vita” di questi edifici, può far comprendere la vastità di suggerimenti e soluzioni che possono scaturire da un ragionato confronto su scala internazionale.